sabato 22 novembre 2014

ELEZIONI, UNA FAVOLA MODERNA


C'era una volta un Reame di cui non ricordo il nome.
Gli abitanti di quel posto, per scegliere i propri governanti, avevano costruito un grande edificio chiamato Castello Elettorale. Vi si poteva entrare solo a bordo di  un Carro. Ce n’erano di grandi e piccoli, tutti chiamati Carri delle Idee, perché per convincere più persone possibile a dare una mano a costruirlo e salirci sopra, ciascun gruppo prometteva qualcosa a chi aiutava. Alcuni promettevano di difendere sempre la Patria e di educare i ragazzi a suon di bacchettate sulle mani e sul sedere; altri giuravano che una volta conquistato il Trono avrebbero tolto i soldi ai ricchi per darli ai poveri; altri promettevano droghe libere o aiuti per i mercanti. E ognuno riempiva il proprio carro di bandiere dai colori accesi.
All’interno del Castello, in un grande piazzale, c’era una Pesa Pubblica sulla quale salivano a turno i Carri. Gli occupanti del Carro che risultasse pesante quanto tutti gli altri messi insieme più un chilo, avevano il diritto di nominare il Re e i suoi Cortigiani.
  Naturalmente, ogni gruppo cercava di costruire il Carro più grosso e pesante, e di farci salire sopra quante più persone era possibile. Nonostante gli sforzi di tutti, nessun carro riusciva a raggiungere il peso necessario.
In un primo tempo, per ovviare a questo problema, si stabilì che, dopo la Pesa, i Carri si potevano accordare e sommare il loro peso fino a raggiungere quello occorrente; gli occupanti dei Carri alleati sceglievano poi insieme il Re e i Cortigiani.
Col passare del tempo, questo sistema si dimostrò sempre meno efficace: i piccoli carri, indispensabili per raggiungere il peso richiesto, diventavano sempre più prepotenti e pretendevano di scegliere addirittura il Re.
Si pensò così di cambiare le regole: i gruppi disposti ad allearsi tra loro dovevano accordarsi fuori dal Castello ed entrarvi a bordo di un unico Carro, detto di Coalizione. Si decise anche di eliminare alla radice il problema dei piccoli Carri prepotenti imponendo un peso minimo da raggiungere per poter partecipare alla competizione.
Questo portò a una conseguenza inevitabile: a gareggiare rimasero solo due, giganteschi Carri. Nonostante ciò, ancora una volta i risultati non furono quelli sperati: anche se finalmente si riusciva a mettere insieme Carri di Coalizione del peso necessario, appena terminata la Pesa i diversi gruppi che componevano il Carro vincitore cominciavano a litigare fra di loro, rendendo impossibile qualsiasi attività di governo. Come se non bastasse, la litigiosità dei vari gruppi rendeva necessario ricorrere sempre più spesso a nuove Pese. E non era neanche il peggiore dei problemi: gli organizzatori dei Carri, infatti, ben sapendo che per raggiungere i posti di comando che consentivano loro di arricchirsi (molti, spesso rubavano direttamente dalle Casse del Tesoro) dovevano vincere la gara della Pesa Pubblica, non impiegavano tutte le loro forze e ingegno nella ricerca di soluzioni per i problemi del Reame, ma solo nello studio di metodi, alleanze e trucchi per poter battere gli avversari alla successiva competizione.
Il Reame, privo di una reale guida, andava sempre più in malora.
I sudditi, che per lungo tempo avevano creduto alle parole e alle promesse degli Organizzatori dei Carri, a un certo punto cominciarono in gran numero a rendersi conto della situazione. Sentendosi presi in giro, smisero di avere fiducia nei Carri delle Idee.
Gli Organizzatori se ne accorsero, e inventarono i Carri delle Persone: visto che le Idee non contavano più niente, misero di volta in volta alla guida dei vari Carri il Tale e il Tal Altro. Questi, pur continuando a lanciarsi ancora in promesse sempre più mirabolanti, si affidavano soprattutto al proprio fascino personale per conquistare i sudditi. Per qualche anno la nuova strategia funzionò. I Carri venivano costruiti e si riempivano di gente, senza che questo cambiasse però in alcun modo le cose.
Alla sera, nelle osterie e nelle taverne, i sudditi tornarono a mugugnare con sempre maggior forza e convinzione: la colpa era degli Organizzatori dei Carri! Erano tutti bravi a parlare quanto a rubare, ma nessuno si occupava davvero dei problemi del Reame!
Un Giullare, che in passato era stato al servizio di più d’un Re, cominciò a fare il giro di quei locali. Saliva su un tavolo o su un bancone ripetendo quelle stesse cose. Conosceva il suo mestiere, e le sue esibizioni ebbero un gran successo. La gente rideva e la rabbia cresceva. Erano così tanti quelli che ormai lo ascoltavano e correvano alle taverne dove sapevano che avrebbe parlato, che il Giullare un bel giorno pensò che forse si poteva organizzare un Carro dei Sudditi. E, in questo modo, far piazza pulita di tutta la congrega dei Professionisti dei Carri, bugiardi e ladri.
Sull’onda dell’entusiasmo popolare il suo Carro riuscì a pesare un terzo del totale, ma non servì a niente: gli altri due Carri, anche se si erano osteggiati fino al giorno prima della Pesa, si allearono e ancora una volta decisero loro chi sarebbe stato il Re.
Il Giullare capì che se voleva batterli, doveva riuscire a mettere insieme un Carro che pesasse come gli altri due insieme più un chilo, e alla successiva Pesa, per convincere più persone possibile, cominciò a promettere tutto e il contrario di tutto. Senza risultato.
I sudditi si erano resi conto che anche lui era diventato come gli altri, e che non era questione di Idee, né di bandiere, di Carri o di Organizzatori: il problema era proprio il Castello Elettorale. Finché il Re e i Cortigiani fossero stati scelti col sistema della Pesa Pubblica, niente sarebbe cambiato.

EPILOGO
Così alcune persone, armate di mazzuolo e scalpello, andarono sul retro del Castello e cominciarono a scalzare via una dopo l’altra le pietre con cui era costruito. Per demolirlo completamente ci sarebbe voluto molto tempo, ma alla fine ci sarebbero riusciti. E, intanto, potevano cominciare a pensare a un sistema diverso e più efficace per scegliere chi doveva governare il Reame.
Una sera, dopo aver mazzuolato tutto il giorno, mentre si rilassavano giocando a tombola, tirando fuori i numeri dal sacchetto uno di loro si illuminò in volto e disse: “Sapete? Forse mi è venuta un’idea...”

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