sabato 22 novembre 2014
ELIMINIAMO I PARTITI!
> L’idea di partito non rientrava nella concezione politica francese del 1789, se non come quella di un male da evitare. Ma giunse il momento del club dei giacobini. Era questo, inizialmente, soltanto un luogo di libera discussione. A trasformarlo non fu una qualche specie di meccanismo fatale: fu soltanto la pressione della guerra e della ghigliottina a farne un partito totalitario. Le lotte tra fazioni nel periodo del terrore furono governate dal pensiero così ben formulato da Tomskij: “un partito al potere e tutti gli altri in prigione”.
Così, sul continente europeo, il totalitarismo è il peccato originale dei partiti.
Furono da un lato l’eredità del terrore, dall’altro l’influenza dell’esempio inglese a insediare i partiti nella vita pubblica europea. Il fatto che esistano non è in alcun modo un motivo per conservarli.
> (...) bisogna innanzitutto riconoscere quale sia il criterio del bene. Non può essere rappresentato che dalla verità, dalla giustizia e, in seconda battuta, dall’utilità pubblica.
La democrazia, il potere della maggioranza, non sono un bene. Sono mezzi in vista del bene, stimati efficaci a torto o a ragione.
> Per raggiungere questo fine (rendere la verità e la giustizia materialmente più forti del crimine e dell’errore, NdR) è necessario un meccanismo adatto. Se la democrazia costituisce tale meccanismo, è buona. Altrimenti no.
> La (...) condizione è che il popolo sia chiamato ad esprimere il proprio volere riguardo ai problemi della vita pubblica, e non solamente a operare una scelta di persone.
Meno ancora la scelta di collettività irresponsabili. Poiché la volontà generale non ha alcuna relazione con una scelta di questo genere.
> (...) non abbiamo mai conosciuto nulla che assomigli, neppure da lontano, a una democrazia. Nella cosa a cui attribuiamo questo nome, in nessun caso il popolo ha l’occasione o i mezzi per esprimere un parere su alcun problema della vita pubblica.
> Come dare realmente agli uomini (...) la possibilità di esprimere, talvolta, un giudizio sui grandi problemi della vita pubblica? Non è facile concepire delle soluzioni. Ma è evidente, dopo un attento esame, che qualunque soluzione implicherebbe innanzitutto la soppressione dei partiti politici.
Per apprezzare i partiti politici secondo il criterio della verità, della giustizia, del bene pubblico, conviene cominciare distinguendone i caratteri essenziali. è possibile elencarne tre:
- un partito politico è una macchina per fabbricare passione collettiva.
- un partito politico è un’organizzazione costruita in modo da esercitare una pressione collettiva sul pensiero di ognuno degli esseri umani che ne fanno parte.
- il fine primo e, in ultima analisi, l’unico fine di qualunque partito politico è la propria crescita, e questo senza alcun limite.
Per via di questa (...) caratteristica, ogni partito è totalitario in nuce e nelle aspirazioni. Se non lo è nei fatti, questo accade solo perché quelli che lo circondano non lo sono di meno.
> Un partito è, in linea di principio, uno strumento destinato a servire una certa concezione del bene pubblico. Questo fatto è vero anche per quelli che sono legati agli interessi di una categoria sociale, poiché esiste sempre una certa concezione tra il bene pubblico e quegli interessi. Ma è una concezione estremamente vaga. Questo è vero senza eccezione e quasi senza differenza di grado. I partiti più inconsistenti e quelli più rigidamente organizzati sono identici quanto a vaghezza della dottrina.
> Quando in un paese esistono i partiti, ne risulta prima o poi uno stato delle cose tale che diventa impossibile intervenire efficacemente negli affari pubblici senza entrare a far parte di un partito e stare al gioco. Chiunque si interessi alla cosa pubblica desidera interessarsene efficacemente. Cosi, chiunque abbia un’inclinazione a interessarsi al bene pubblico o rinuncia a pensarci e si rivolge ad altro, o passa dal laminatoio dei partiti. Anche in questo caso sarà preso da preoccupazioni che escludono quella per il bene pubblico.
> (...) il meccanismo di oppressione spirituale e mentale proprio dei partiti è stato introdotto nella storia dalla chiesa cattolica, nella sua lotta contro l’eresia. (...) La riforma e l’umanesimo rinascimentale (...) hanno largamente contribuito a formare, dopo tre secoli di maturazione, lo spirito del 1789. Ne è risultata, dopo un certo intervallo, la nostra democrazia fondata sul gioco dei partiti, ognuno dei quali è una piccola chiesa profana armata della minaccia della scomunica.
> La conclusione è che l’istituzione dei partiti sembra proprio costituire un male senza mezze misure. La soppressione dei partiti costituirebbe un bene quasi allo stato puro. è perfettamente legittima nel principio e non pare poter produrre, a livello pratico, che effetti positivi.
(da: “MANIFESTO PER LA SOPPRESSIONE DEI PARTITI POLITICI” di Simone Weil, pubblicato per la prima volta nel numero 26 del 1950 della rivista francese La Table Ronde; scaricabile in rete QUI)
Simone Adolphine Weil
(Parigi, 3 febbraio 1909 – Ashford, 24 agosto 1943)
E' stata una filosofa, mistica e scrittrice francese, la cui fama è legata, oltre che alla vasta produzione saggistico-letteraria, alle drammatiche vicende esistenziali che ella attraversò, dalla scelta di lasciare l'insegnamento per sperimentare la condizione operaia, fino all'impegno come attivista partigiana, no-nostante i persistenti problemi di salute. Sorella del matematico André Weil, fu vicina al pensiero anarchico e all'eterodossia marxista. Ebbe un contatto diretto, sebbene conflittuale, con Lev Trotsky, e fu in rapporto con varie figure di rilievo della cultura francese dell'epoca.
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